Cosa c'è da sapere sullo sciopero dei giornalisti
Sciopero nazionale
Premessa: Questo è uno sciopero per la dignità del lavoro, per le retribuzioni, per gli orari di lavoro (noi - va ricordato a tutti - siamo pagati per lavorare 7 ore e 12 minuti al giorno, di domenica 6 ore), per la qualità della vita ormai calpestata da un lavoro totalizzante, per le pensioni di domani, per il ruolo dell'informazione nella dialettica democratica, in crisi anche per editori che, di fronte alle sfide dell'innovazione, rispondono applicando una sola ricetta, nonostante le ingenti risorse pubbliche incassate: nessun investimento, svilimento del lavoro, tagli agli organici e agli stipendi, anche a costo di mettere a rischio la credibilità dei prodotti editoriali confezionati al risparmio. Questo è uno sciopero anche per avere norme per il corretto utilizzo dell'intelligenza artificiale nelle redazioni (prima che questa inizi a sostituire i giornalisti in vari settori).
L'ultimo sciopero nazionale è datato 2010. Ci sarà un motivo se dopo 15 anni di lavoro ininterrotto tutta la categoria torna a mobilitarsi.
I motivi:
- Retribuzioni ferme al contratto nazionale del 2016.
- Intanto l'inflazione negli ultimi 10 anni ha ridotto il potere d'acquisto di quasi il 20% (dato calcolato e ufficializzato dall'Istat)
- Gli editori rifiutano di dare ai giornalisti aumenti decorosi e, anzi, chiedono di tagliare ulteriormente gli stipendi.
- Gli editori chiedono di tagliare ulteriormente anche i contratti d'ingresso per i neoassunti (e di tagliare anche una quota di giorni di ferie e redazionali)
- Gli editori non vogliono regolamentare l'intelligenza artificiale
- Gli editori non vogliono retribuire i giornalisti (come prevedono la legge e il contratto collettivo) per la cessione dei prodotti editoriali ai giganti del web (dai quali però incassano, ogni anno, centinaia di migliaia di euro: nessun editore vuole chiarire i termini economici degli accordi con Google, Meta, ecc). In Francia, solo per fare un esempio tangibile, gli editori riconoscono una quota ai giornalisti derivante dagli introiti social: in pratica i giornalisti guadagnano l'equivalente di una quindicesima.
- Gli editori non vogliono dare compensi decorosi ai collaboratori e poi si sorprendono se nessuno vuole più collaborare con i giornali.
- Gli editori vogliono continuare a svuotare il contratto di lavoro con la pratica indecente e illegittima dei forfait al ribasso imposti ai neoassunti e a chi ha avuto una promozione per disapplicare gli istituti contrattuali e gli accordi aziendali (la prossima mossa sarà di estenderla a tutti).
Ricordiamo: i forfait non possono essere omnicomprensivi (non possono comprendere domeniche, giorni rossi, chiusure, straordinari, super festivi), devono essere sempre congrui e migliorativi rispetto al contratto nazionale (es. calcolate quante domeniche e rossi lavorate in un anno e vedete quanto avreste guadagnato con il vecchio contratto: se avete guadagnato di meno non va ovviamente bene e potreste richiedere di tornare al contratto senza forfait). Il forfait di fatto porta a riempire le redazioni anche di domenica, nei giorni rossi e fino a tarda ora perché tanto "è tutto compreso". Ma così non è.
- A fronte di questi tagli effettuati con la mannaia gli editori puntano a portare in edicola quotidiani con la medesima foliazione.
- Gli editori hanno detto che negli ultimi 10 anni hanno investito per garantire la qualità del prodotto. Quali sarebbero gli investimenti? Redazione svuotate o chiuse per fare lo stesso prodotto più il web, senza riconoscere straordinari, manifestando poi stupore di fronte a inevitabili errori.
- Gli editori, in relazione al rinnovo del contratto dei giornalisti scaduto da nove anni, hanno offerto 150 euro lordi in due anni di Edr (l'Edr è la voce in busta paga non produce effetti sugli altri istituti contrattuali) e poi nulla su tutto il resto: nulla sul corretto utilizzo dell'intelligenza artificiale nelle redazioni, nulla sull'adeguamento degli stipendi, nulla sulla perdita di potere d'acquisto certificata dall'Istat al 20% circa.
- Gli editori da anni ottengono fondi per l'editoria (carta, copie vendute) e hanno incassato dall'Inpgi e Inps (quindi pagati da tutti noi) fondi per i prepensionamenti.Un turn-over al quale si è sommato l'alleggerimento dei contratti: in pensione colleghi da 3.000-4.000 euro al mese, dentro giovani da 1.500/1.800 euro forfetizzati tutto compreso.
- Negli ultimi 15 mesi sono stati portati avanti 7 tavoli tematici tra Fnsi e Fieg per il rinnovo del contratto sui quali gli editori non sono riusciti a portare una sola proposta sul presente e sul futuro del lavoro giornalistico e delle loro aziende. Non hanno voluto trattare su intelligenza artificiale, su equo compenso, sulle nuove figure professionali, sui rapporti con gli Ott (Google, social network, ecc., che condizionano sempre di più l’informazione omologandola), su nuovi modelli organizzativi del lavoro. L'unica proposta che hanno portato al tavolo è stata esattamente la stessa di dieci anni fa: taglio di tutti gli istituti contrattuali, taglio della tredicesima, taglio degli scatti di anzianità, taglio economico dei contratti per i neoassunti ecc.
- Il nostro contratto è fondamentale, come per ogni categoria, ma per i giornalisti ha un significato in più, perché un'informazione libera e autonoma è un presupposto per ogni democrazia.
