Varagona: "I giornalisti bersagli di guerra"

Da l'edizione del 16 luglio 2025 di "Avvenire", articolo a firma di Vincenzo Varagona:
UN MINISTERO DELLA PACE ANCHE PER FERMARE LA STRAGE DI GIORNALISTI
Le guerre e la difesa dell’informazione
I giornalisti sono diventati bersagli di guerra, perché sono rimasti – in molte parti del mondo – gli unici testimoni di fatti che la gente non deve sapere. Sono i dati a parlare: 141 giornalisti massacrati in poco più di un anno, al 20 dicembre 2024; 1.633 giornalisti uccisi nel mondo tra il 1992 e il 2024; 2.232 imprigionati; 7.242 minacciati in Italia. Sono ricostruiti in uno dei pannelli più significativi della mostra “Comunicare la speranza - Un’altra informazione è possibile”, allestita dalla famiglia paolina in occasione del Giubileo, e raccontano in pochi numeri una tragedia di cui il mondo dell’informazione è specchio. Quei numeri, a sei mesi di distanza, sono già un pallido ricordo. Secondo Reporter sans frontiere, che offre aggiornamenti in tempo reale, altri 19 giornalisti uccisi da gennaio a oggi e oltre 500 imprigionati.
La recrudescenza dei conflitti, da quelli più “mediatici”, come a Gaza e in Ucraina, a quelli dimenticati, come nello Yemen o nelle regioni dell'Africa subsahariana, comporta sistematicamente il silenziamento dell'informazione, che si realizza impedendo l’accesso alle fonti, o neutralizzando, con violenza sistematica, il lavoro dei giornalisti. Narcotizzando l’informazione si annulla la percezione della gravità di quanto sta avvenendo, cresce l’indifferenza, che è la maggiore malattia di questo nostro tempo. Nulla più ci colpisce, ci indigna, fin quando non ci tocca da vicino, mettendo in pericolo la nostra stessa esistenza. La ridotta fiducia dell’opinione pubblica verso il mondo dell’informazione rende tiepidi anche i tentativi di ribaltare questo stato di cose.
Anche la platea di bambini massacrati diventa un prezzo necessario per “sconfiggere il terrorismo”. Come siamo potuti arrivare a questo punto? Credo non sia più possibile assistere inerti a quanto sta avvenendo, ormai un po' ovunque. Ci facciamo del male da soli, scoprendoci assuefatti, insensibili ai peggiori crimini dell’umanità.
Occorre fermare questo sterminio, mobilitarci, risolutamente, perché l’indifferenza è evidente complicità. A Gaza i giornalisti e fotoreporter uccisi sono più di 200, un numero impressionante, fornito dallo stesso Governo della striscia. Come se non bastassero le decine di migliaia di morti, la fame usata come arma di annientamento, è stato attaccato un luogo che accoglieva i più fragili, i più indifesi, se ancora esiste una possibilità di difendersi in quella terra. C’è anche chi continua, disperatamente, a illudersi che sia ancora possibile un’informazione anche minima sul massacro. Ed ecco, allora, che con i missili si colpisce anche l’ultimo presidio rimasto a chi cerca di tutelare il diritto a informare e essere informati.
È importante trovare ancora la forza di indignarsi contro il tentativo di spegnere queste ultime voci. Si può fare resistenza anche informando e cerchiamo di essere in prima linea in questa nuova forma di resistenza. Difendendo la libertà di stampa si difende il diritto, di tutti, ad avere ancora un futuro, dove giornalisti, reporter, fotografi cameraman diventano bersagli perché sono gli ultimi testimoni, sono gli occhi del mondo sulle atrocità che vengono compiute. Vanno sconfitte, quindi, sia l’indifferenza, sia l’impotenza. Ecco perché da giornalisti, non solo cattolici, riteniamo che di questo scatto d’orgoglio, indispensabile, faccia parte anche la proposta di un Ministero della Pace, in grado non solo di mobilitare le coscienze e offrire gli strumenti per la crescita di una nuova consapevolezza. È un impegno non solo morale: sostenere le popolazioni colpite dalle guerre significa anche sostenere i giornalisti, che sono, a tutti gli effetti, voce di questa gente. Accanto al sostegno economico e a quello morale, attraverso il Ministero della Pace possiamo incoraggiare ogni iniziativa che riesca a porre fine a queste tragedie dell'umanità.
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